Pioggia di soldi per i titolari di pensione di reversibilità grazie ad una sentenza della Corte Costituzionale. Chi ha diritto agli arretrati?
L’INPS sta procedendo al ricalcolo e al pagamento degli arretrati sulla pensione di reversibilità per tantissimi percettori. L’operazione si è resa necessaria in seguito alla sentenza n. 162 del 30 giugno 2022 della Corte Costituzionale, con la quale i giudici hanno sancito l’illegittimità del terzo e del quarto periodo del comma 41 dell’art. 1 della Legge 335/1995 e della Tabella F allegata.
Nel dettaglio, i giudici hanno stabilito che non può essere applicata la decurtazione dell’importo ai superstiti nel caso di cumulo con i redditi da lavoro. Quali conseguenze ha tale decisione e in che modo cambierà la prestazione? Scopriamolo.
La Corte Costituzionale ha sottolineato che il taglio della pensione di reversibilità per i titolari che percepiscono ulteriori redditi non può avvenire in maniera superiore alla concorrenza dei redditi stessi. In pratica, la riduzione della prestazione non può essere maggiore dei redditi percepiti dal beneficiario. Di conseguenza, chi ha subito un’ingiusta decurtazione degli importi ha diritto agli arretrati. A chiarire la questione è stato anche l’INPS, con la Circolare n. 108 del 22 dicembre 2023.
L’Istituto di Previdenza, infatti, sta lavorando al riesame d’ufficio di tutte le pensioni di reversibilità coinvolte, per il riconoscimento delle eventuali differenze a titolo di arretrati e degli interessi legali. L’INPS disporrà il pagamento per tutti i soggetti che hanno subito un taglio illegittimo dell’ammontare della pensione, fino ad un massimo di 5 anni (che è il termine oltre il quale interviene la prescrizione).
Ma in quali casi la pensione di reversibilità viene pagata in misura piena? Soltanto quando il reddito del titolare è inferiore a 3 volte il trattamento minimo INPS annuo (che nel 2024 è pari a 23.345,79 euro). Se, invece, si possiede un reddito superiore a 3, 4 e 5 volte il trattamento minimo INPS, il taglio è del 25%, al 40% e 50%.
La sentenza del 2022 della Corte Costituzionale ha introdotto un limite a tale decurtazione, che, come abbiamo anticipato, non può superare l’ammontare degli stessi redditi prodotti dal titolare della prestazione. Attenzione, però, perché anche in presenza di ulteriori redditi, la riduzione della pensione di reversibilità non è sempre automatica.
Non può, infatti, essere disposta nell’ipotesi in cui i titolari della misura siano i figli minorenni, studenti o inabili del contribuente defunto, anche se percepiscono l’importo insieme al coniuge. In questo caso, quindi, è possibile anche percepire redditi di ammontare superiore a 3, 4 o 5 volte il trattamento minimo INPS annuo, senza rischiare penalizzazioni.
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