Nella vita quotidiana, capita spesso di ritrovarsi con le tasche piene di scontrini dopo una giornata di shopping.
Molti di noi, per liberarsi del fastidio e del disordine che questi pezzetti di carta possono creare, scelgono di buttarli via al primo cestino disponibile o addirittura li lasciano sul bancone del negozio.
Ma cosa accade se subito dopo ci troviamo faccia a faccia con un agente della finanza che richiede proprio lo scontrino? La questione solleva dubbi non solo sulla necessità di conservare questi documenti, ma anche sulle possibili conseguenze legali per chi non lo conserva.
Contrariamente a quanto molti potrebbero pensare, la legge italiana non obbliga i consumatori a conservare lo scontrino ai fini dell’esercizio della garanzia in caso di merce difettosa. Questo mito è stato sfatato da numerose sentenze della Cassazione che hanno chiarito come lo scontrino o la fattura siano documenti fiscali relativi agli obblighi tributari del venditore, dunque non condizionano i diritti dei consumatori nei confronti dei venditori per quanto riguarda la sostituzione dei prodotti difettosi. Tuttavia, è importante sottolineare che – quanto meno – una prova d’acquisto deve essere fornita in caso si voglia esercitare il diritto alla garanzia; questa può assumere varie forme, come l’estratto conto della carta con cui è stato effettuato il pagamento o un timbro del venditore.
L’emissione dello scontrino rappresenta un obbligo fiscale per il commerciante, ad eccezione di alcune categorie esonerate come tabaccai e ambulanti. I venditori che trasgrediscono questa normativa rischiano sanzioni amministrative severe: la multa può arrivare fino al 100% dell’IVA non versata ed è comunque mai inferiore a 500 euro. Questo significa che anche su una vendita minima senza rilascio dello scontrino, il commerciante può essere soggetto a una sanzione significativa.
Focalizzandoci sul cliente, fino al 2003 vigeva una legge secondo cui era obbligatorio conservare lo scontrino fino all’allontanamento dai paraggi del negozio; in caso contrario, si rischiava una multa equivalente a quella prevista per il commerciante evasore. Fortunatamente questa normativa è stata abrogata e oggi il cliente non ha più tale responsabilità. Se intercettati dalla finanza senza uno scontrino – sia perché smarrito sia perché mai emesso dal negoziante – ai consumatori sarà richiesto soltanto di indicare dove hanno acquistato la merce e fornire le proprie generalità. È fondamentale dire la verità, poiché dichiarazioni false possono configurarsi come reato.
Un aspetto meno noto, ma altrettanto importante, riguarda chi può essere soggetto ai controlli da parte delle autorità. Una circolare del 2003 stabilisce infatti che determinate categorie “vulnerabili” – quali minoranze etniche, invalidità fisiche evidenti, anziani e persone affette da infermità mentale – dovrebbero essere escluse da tali verifiche allo scopo di evitare situazioni problematiche o malintesi durante l’accertamento.
In sintesi, mentre i commercianti sono tenuti all’emissione degli scontrini, pena la sanzione amministrativa, i clienti godono oggi di maggiore libertà rispetto al passato, grazie all’abolizione dell’obbligo legale relativo alla loro conservazione immediatamente dopo l’acquisto. Tuttavia, rimane essenziale cooperare con le autorità fornendo informazioni accurate quando richieste durante eventuali controlli fiscali.
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